IL PRETORE Letti gli atti, sciogliendo la riserva che precede, osserva: I. - La presente controversia e' stata introdotta con citazione notificata il 12 giugno 1995. Dopo l'esperimento dell'udienza di prima comparizione e l'espletamento della prima udienza di trattazione, veniva disposta la precisazione delle conclusioni all'udienza del 5 luglio 1996, nella quale nessuno compariva ed il giudicante si riservava, occorrendo stabilire se al processo fosse applicabile la norma dell'art. 309 c.p.c. nel testo risultante dal rinvio all'art. 181 primo comma c.p.c. nel testo inopinatamente novellato (o meglio, come si vedra', rinovellato) dall'art. 4 comma 1-bis del d.-l. 18 ottobre 1995 n. 432, come modificato (o meglio aggiunto) dall'allegato approvato dall'art. 1 (ed unico) della legge di conversione di detto decreto, cioe' la legge 20 dicembre 1995 n. 534. Tale nuovo testo dell'art. 181 secondo comma c.p.c., che non ha fatto altro che ripristinare il vecchio testo modificato dalla sfortunata legge 26 novembre 1990, n. 353/1990, e' entrato in vigore a far tempo dal 21 dicembre 1995, giusta la disposizione generale dell'art. 15, comma 5, della legge 23 agosto 1988 n. 400. Non sembra dubbio che, alla stregua del c.d. principio tempus regit actum, la nuova norma (vecchia quanto al contenuto) sia applicabile alla presente controversia, di modo che, di fronte alla mancata comparizione dell'unica parte costituita si dovrebbe, in forza del primo comma dell'art. 181, fissare altra udienza, cui appunto rinviare la causa. In particolare, il testo dell'art. 181 primo comma nuovamente reintrodotto dispone che "se nessuna delle parti comparisce nella prima udienza, il giudice fissa una udienza successiva, di cui il cancelliere da' comunicazione alle parti costituite. Se nessuna delle parti comparisce alla nuova udienza, il giudice, con ordinanza non impugnabile, dispone la cancellazione della causa dal ruolo". Tale testo, salva la sostituzione del riferimento al giudice istruttore del vecchio processo avanti al tribunale, del riferimento al "giudice" (imposto dalla scomparsa nel nuovo rito processuale civile della figura del giudice istruttore), e' quello che nel nostro ordinamento venne introdotto dall'art. 15 della legge 14 luglio 1950 n. 581, cioe' dalla famosa (o forse famigerata, per chi abbia a cuore un modello processuale civile moderno) Novella del 1950. Per effetto del rinvio (formale o ricettizio che sia) dell'art. 309 c.p.c. al primo comma dell'art. 181, la disciplina dell'assenza delle parti costituite in prima udienza, nel senso della previsione di un rinvio dell'udienza, e' ridiventata applicabile anche alle udienze successive all'udienza di prima comparizione. Per cui, il nostro processo civile ha tornato ad ispirarsi ad una regola, in base alla quale e' consentito alle parti costituite, se sono d'accordo, ovvero l'unica parte costituita, di dilazionare lo svolgimento del procedimento senza palesare in alcun modo la ragione della dilazione e senza che al giudice sia consentito alcun potere di valutazione in ordine alla ragionevolezza della dilazione. Ritiene questo pretore che la reintroduzione di tale disciplina non sia conforme a Costituzione e sulla base di questo convincimento ha gia' sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 309 c.p.c., dapprima con l'ordinanza del 24 gennaio 1996 resa nella causa fra Immobiliare Giga s.r.l. e e Zamboni Alfio Tullio (n. 5743/1995 r.g.c.) e, poi, con l'ordinanza del 13 maggio 1996 nella causa fra Residence Santa Giuliana s.r.l. e VernizziRinaldo e Russo Anna (n. 6264/1995 R.G.C.), nella quale le ragioni della incostituzionalita' sono state aggiornate al lume del recente disconoscimento da parte della Corte costituzionale della rilevanza, ai fini della regolamentazione del processo civile, della norma dell'art. 97 della Costituzione. Nella recente sentenza n. 84/1996 la Corte costituzionale ha, infatti, ribadito che la norma dell'art. 97 rileverebbe solo ai fini della regolamentazione dell'ordinamento degli uffici giudiziari a livello amministrativo e non invece ai fini della concreta regolamentazione del processo sotto il profilo dell'esercizio della funzione giurisdizionale. Pur non condividendo tale autorevole opinione questo pretore, nella citata ordinanza del 13 maggio 1996 vi ha prestato ossequio ed ha abbandonato come parametro di riscontro della sollevanda questione di costituzionalita' dell'art. 309 c.p.c. il riferimento all'art. 97, gia' utilizzato nell'ordinanza del 24 gennaio 1996. II. - Con la presente ordinanza si intende sollevare anche nella presente controversia la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 309 c.p.c. nel testo che ora rinvia all'art. 181 primo comma come modificato dalla legge n. 534/1995. La questione si solleva sulla base del richiamo integrale delle ragioni esposte nell'ordinanza del 13 maggio 1996, che appare inutile qui riprodurre, bastando - si crede - un richiamo per relationem. In tale ordinanza, del resto, si evidenzio' come la Corte costituzionale, ove accogliesse la questione sull'art. 309, potrebbe d'ufficio dichiarare incostituzionale direttamente anche l'art. 181 primo comma c.p.c., che in forza del rinvio ne somministra il contenuto. In ordine alla rilevanza della questione di legittimita' dell'art. 309 c.p.c. nel presente giudizio, si osserva che essa e' manifesta, poiche' il giudicante dovrebbe necessariamente provvedere ad applicare la norma denunciata come incostituzionale e fissare una nuova udienza, anziche' disporre l'immediata cancellazione della causa dal ruolo, come dovrebbe essere secondo la disciplina che si reputa conforme alla Costituzione, siccome illustrato nell'ordinanza 13 maggio 1996.